Da ormai 10 anni, il Gruppo escursionistico Stella Polare del Centro di salute mentale di Trento, con il supporto dei volontari della SAT, organizza un programma di escursioni in montagna dedicato ai propri utenti. Ogni mese è prevista un’uscita in montagna e, una volta all’anno, un trekking di più giorni a cui partecipano utenti, famigliari e operatori.

Le caratteristiche dell’itinerario scelto per quest’anno hanno innescato negli organizzatori l’idea di allargare la partecipazione anche a persone con difficoltà nella deambulazione che fossero familiari all’ambiente montano. “Il trekking si è svolto in Primiero, tra le Pale di San Martino – spiega il direttore dell’Hospice di Madonna Bianca Stefano Bertoldi – dal 18 al 21 settembre. Vi hanno preso parte tre persone con disabilità fisiche, di cui una individuata proprio nel nostro centro, un ospite della Casa di riposo di Cadine e un ragazzo della cooperativa “La Rete”. Queste sono state trasportate da utenti con disagio mentale tramite una carrozzina apposita chiamata jolette”.

Hanno partecipato al trekking 32 persone, tra cui 12 utenti e alcuni volontari del Centro di salute mentale di Trento, 3 persone con disabilità fisiche, famigliari, i volontari della SAT e un medico. “L’idea nasce dalla volontà di avvicinare innanzitutto le persone tra di loro e poi all’ambiente montano – spiega Bertoldi -. Non mi piace parlare di montagnaterapia, è stata più un’occasione per stare insieme e per trasformare la fragilità in risorsa”. E’ stata un’ottima lezione anche sul tema della condivisione degli spazi e della fatica. “Il trekking si è svolto su un percorso di circa 60 km, suddivisi in quattro giorni. Siamo arrivati a camminare addirittura 7 ore. E’ stata una sfida, ma non c’è stato alcun momento di crisi. I partecipanti hanno condiviso la stessa tenda per il pernottamento e si è creato un clima meraviglioso, in cui ha prevalso l’aspetto della normalizzazione. A fine giornata, era praticamente impossibile distinguere un utente da un operatore, famigliare o volontario”.

Da un punto di vista più pratico, i partecipanti al trekking hanno potuto contare su un furgone d’appoggio che li raggiungeva ogni sera attraverso un percorso alternativo sulle strade forestali e provvedeva al trasporto di indumenti di ricambio e attrezzatura per consentire una percorrenza dei sentieri con zaini più leggeri. Il mezzo trasportava anche le tende necessarie al pernottamento e una cucina “da campo” per la cena e la prima colazione.

La perfetta candidata per il trekking di quattro giorni è stata individuata proprio tra i pazienti dell’hospice “Cima verde”, parte della rete di cure palliative dell’Azienda sanitaria per i servizi sanitari di Trento, inaugurato a gennaio 2017.E’ Luisa, una signora di 73 anni, milanese di nascita ma trentina di adozione e grande appassionata di montagna. Da anni socia della SAT di Folgaria, la malattia le ha impedito di poter affrontare le escursioni alpinistiche che amava tanto. Ha colto l’opportunità che le è stata offerta dal Gruppo escursionistico Stella Polare, seppur con qualche preoccupazione iniziale. “E’ stata una cosa inaspettata e straordinaria- spiega Luisa -. Al di là della possibilità di essere trasportati, il tipo di rapporto che si è instaurato tra noi è unico”. La jolette un po’ come un risciò, ma con una sostanziale differenza: “Se nel risciò si crea un rapporto che è solo monetario, dove io pago per essere trasportata, in questo caso nasce una relazione che è di empatia, nella quale si cerca di capire l’altro e il suo modo di vivere l’esperienza. Tutto è accolto con una naturalezza quasi scontata e non c’è spazio alcuno per pietismi che sarebbero inopportuni”.

Due sono gli elementi che, secondo Luisa, hanno reso l’esperienza straordinaria: innanzitutto il senso di libertà, insito nella montagna, e l’elemento del bello. “Al di là del paesaggio, naturalmente bello, ho visto un bello intessuto di storia, nelle chiesette e nelle persone, e anche questo ha contribuito a capire di cosa ha bisogno l’altro e accresce il livello dell’esperienza. Spesso le persone ammalate perdono il gusto della bellezza: portarle in luoghi belli potrebbe essere il primo passo per permettere loro di apprezzarla di nuovo”. Per Luisa, anche un elogio alla lentezza: “Un vero toccasana per me. La lentezza me l’hanno insegnata, perché non è affatto nel mio dna.Quest’esperienza mi ha offerto un cambiamento di prospettiva”. L’integrazione assoluta, un altro elemento positivo, e un’ode all’accettazione della diversità. “A parte alcuni casi di disabilità molto evidenti, io ci ho messo un giorno e mezzo a capire chi fossero utenti del Centro di salute mentale e chi no – rimarca Luisa -. Inoltre, io ero diversa in tutto, a partire dall’età e dalla lingua, non dialettale, ma il diverso ha accettato il diverso con la massima naturalezza”.

Non è stata certamente una passeggiata. Oltre al tempo atmosferico, che ha dato del filo da torcere con due giorni di pioggia e le basse temperature, le difficoltà sono state rappresentate anche da sentieri talvolta agevoli, sui quali è stata adibita una corda doppia per assicurare le carrozzine. “Anche nell’ultimo tratto, molto ripido ed accidentato, ciò che ha fatto la differenza è stata la relazione che si era instaurata. Il rapporto di fiducia tra noi era tale per cui anche se la posizione della sedia era quasi verticale, non c’era paura”.

Un’esperienza bella e unica, ma che non dovrebbe limitarsi all’escursione alpinistica. “Perché solo in montagna? – conclude Luisa, auspicando che questo tipo di proposta prenda piede con declinazioni diverse -. “L’esperienza non è legata al luogo fisico. Ci sono tanti percorsi che favorirebbero l’instaurarsi di queste dinamiche basate sull’empatia”.

Hanno preso parte al trekking anche due studenti della “School for Documentary, Television and New Media” – Cooperativa Zelig di Bolzano con l’intento di realizzare un breve documentario sull’evento da presentare al prossimo FilmFestival della Montagna di Trento.

 

Fonte: Il Dolomiti