“Dammi odoroso all’alba un giardino di fiori bellissimi dove io possa camminare indisturbato”. Lo scriveva l’americano Walt Whitman nell’Ottocento, il primo a usare il verso libero svecchiando le tradizioni accademiche, una sorta di “papà” della poesia moderna. E se da sempre il giardino evoca nell’immaginario un caleidoscopio di emozioni sensoriali – colori, profumi, echi della natura –, non è più tanto nell’hortus conclusus – recintato, separato – che la fantasia, negli anni Duemila, trova espressione, quanto nel disordine rimodellato, nell’anarchia divenuta forma tangibile di un’emozione. Ed è grazie a un piccolo spazio verde che l’arte si fa veicolo relazionale, unendo una realtà troppo spesso emarginata – la salute mentale – al resto della comunità di cittadini.
Ne è un esempio il giardino “Umberto Boccioni” di via Paolo Gaidano, a Mirafiori, che rinasce in primavera proprio sotto la buona stella della poesia, a due passi dal centro territoriale cui afferiscono diversi pazienti dei CSM nella zona sud-ovest di Torino. Qui, a partire da domani, venerdì 17 maggio, operatori ed educatori si uniranno ai volontari di Torino Spazio Pubblico per ripulire dalle erbacce l’area verde, con lo scopo di ricavare, almeno nella punta nord, un vero e proprio angolo “poetico” per piccoli eventi, letture all’aria aperta, momenti di relax.
“Entro la fine di maggio – spiega Epaminondas Thomos, uno degli operatori del centro di via Nomis di Cossilla – vorremmo realizzare i primi piantamenti e creare un disegno preliminare del nuovo giardino. Dovrà essere uno spicchio verde dedicato alla poesia, dove protagonisti saranno proprio i versi scritti dagli utenti del centro di salute mentale”.
Un’idea che prende forma contemporaneamente a una petizione cittadina contro il degrado del giardino Boccioni, che si teme possa essere abbandonato all’incuria attirando, soprattutto di sera, cattive frequentazioni e microcriminalità.
Per il progetto poetico è stato richiesto il patrocinio della Circoscrizione 2. “Se l’otterremo – continua Thomos –, faremo annunci in tutto il quartiere per invitare i residenti a partecipare in modo volontario alla creazione del nostro giardino. Vorremmo creare un camminamento, all’interno, con piastrelle in ceramica prodotte nel laboratorio del centro, con sopra incisi alcuni versi dei ragazzi. Così chiunque entri dovrà camminare lentamente, leggendo a ogni passo e godendosi l’atmosfera che lo circonda”.
Parallelamente, è già stato avviato, su via Giorgio Bellono, all’ingresso del consultorio familiare, un orto collettivo, gestito da utenti e abitanti, che sarà arricchito da oggetti e piccole sculture realizzati dalle scuole territoriali adiacenti.
Ma non è tutto. In continuità con l’iniziativa “Orfeo, poesia in strada”, avviata nel 2005 con il Circolo dei Poeti Nascosti (costituito, tra gli altri, da Laboratorio urbano Mente Locale, Il Tiglio Onlus, Associazione Insieme SegnAli, Associazione Arcobaleno) all’interno del programma Urban, il quartiere potrebbe essere presto “invaso” da bacheche poetiche realizzate all’interno del centro di salute mentale. “I pazienti – spiega Thomos – sono dei grandissimi produttori di scritti. Spesso, però, tengono le loro poesie per sé e non hanno modo di condividerle con l’esterno. Noi vogliamo uscire da questa condizione di esclusione e disagio sociale, rendendo partecipe la comunità intera di una forma d’arte troppo sconosciuta”. Per questo il progetto, proposto in Circoscrizione 2, richiederebbe l’utilizzo delle classiche bacheche istituzionali in cui affiggere manifesti con sopra stampati dei componimenti scelti.
Una seconda rete espositiva, invece, prevede delle installazioni accanto a siti di book sharing nei quartiere di Mirafiori e Santa Rita, come prosecuzione dell’iniziativa nata all’interno dell’ex centro diurno di via Gorizia, poi traslocato in via Nomis di Cossilla, dove vennero costruite vere e proprie bacheche per la catalogazione di libri da scambiare tra utenti e comunità. “Sarebbe bello – conclude Thomos – imprimere le poesie anche sui marciapiedi, in modo che i passanti si soffermino a leggerle e ne riconoscano il valore”.
Un po’ come la sosta dopo un lungo peregrinare, che distende mente e corpo e induce alla dolce stasi. La invocava del resto anche il poeta irrequieto per eccellenza, Dino Campana, errante vagabondo avvolto nella sua “follia”: “Dal giardino una canzone si rompe in catena fievole di singhiozzi: la vena è aperta: arido rosso e dolce è il panorama scheletrico del mondo”.
Fonte: torinoggi.it