Contiene “temi, idee, intenzioni e parole chiave per l’inclusione” e fissa i principi e le caratteristiche fondamentali che un contesto deve rispettare per potersi dire “inclusivo”: è il “Manifesto per l’inclusione”, realizzato dall’Università di Padova raccogliendo la voci di oltre seicento fra ricercatori, professionisti, studenti, operatori. Il frutto di questo lavoro è stato presentato recentemente, in occasione della conferenza internazionale “Lavoro dignitoso, equità e inclusione: password per il presente e il futuro”.
Il manifesto si articola in tre sezioni: la prima fa riferimento ad alcuni importanti indicatori che dovrebbero caratterizzare i contesti inclusivi; la seconda sezione presenta un insieme di attività, azioni ed iniziative che si considerano necessari per favorire e monitorare l’inclusione; la terza parte, infine, fa riferimento ai propositi e agli impegni che i firmatari intendono assumere in prima persona per promuovere sempre più, nei propri ambienti di vita e di lavoro, l’inclusione, per rimuovere ostacoli e barriere, per ricercare collaborazioni ed alleanze. “Chi condivide il contenuto di questo manifesto – si legge nell’introduzione – chiede impegni ed investimenti a favore di un presente e di un futuro permeato di inclusione, in quanto siamo ancora molto lontani dal garantire condizioni di vita eque e dignitose per tutti”.
Nella prima sezione, i firmatari ricordano che “è fondamentale anteporre il benessere delle persone, la loro autodeterminazione, il loro empowerment, alle necessità gestionali ed organizzative dei contesti e alle ‘leggi del mercato’. Un contesto è inclusivo – scrivono – quando dà enfasi e importanza al senso di appartenenza, alla partecipazione, alla cittadinanza attiva e alla voce di tutti coloro che lo vivono e ne tiene conto per generare cambiamenti e innovazione. Il contesto inclusivo – continuano – pone attenzione al benessere degli esseri viventi, promuovendo forme di rispetto dell’ambiente, della fauna e della flora, e sostiene unicamente quelle idee di sviluppo che tengono conto di tutto ciò”. E assicurano di “non avere dubbi, in caso di ‘contrasto’ tra le necessità delle persone e le esigenze organizzative e gestionali dei contesti formativi, lavorativi e sociali, a proposito del ‘da che parte stare’, in quanto il rispetto dei diritti umani universali e i valori della condivisione, della solidarietà e dell’impegno sociale non debbono essere assoggettati alle leggi dell’economia e della libera competizione e concorrenza”.
Nella seconda sezione, sono indicate le “prassi”, ovvero le azioni da mettere in campo per realizzare concretamente contesti inclusivi. Questi dovrebbero, secondo i firmatari, “programmare, segnalare e rendere evidenti a tutti le condizioni di facilitazione per tutti degli accessi alla formazione, al benessere, al lavoro, ai beni culturali, al tempo libero e alla vita comunitaria”. Per quanto riguarda le politiche locali in particolare, “fare riferimento all’inclusione e alla volontà di supportare tutte quelle iniziative che si ispirano ai valori della solidarietà, della cooperazione, del pluralismo e dell’interculturalità” e “porre al servizio di cittadini e comunità tutti i supporti tecnologicamente avanzati necessari e utili allo sviluppo di reti efficaci ed efficienti di comunicazione”. Si chiede poi, “tramite norme ed iniziative condivise, di promuovere unicamente condizioni lavorative dignitose per tutti; denunciare qualsiasi forma di sfruttamento ed impiego illegale; supportare l’economia sociale e mettere a disposizione di tutti i cittadini, anche in un’ottica preventiva, servizi di supporto alla scelta e alla progettazione professionale affinché il lavoro sia effettivamente un ‘buon lavoro’ per tutti”, di “realizzare programmi finalizzati ad abbattere le barriere relazionali, burocratico-amministrative, fisiche e architettoniche”, di “progettare e costruire ambienti scolastici, professionali, del tempo libero, servizi belli, accoglienti, accessibili ed eco-compatibili”.
La terza sezione impegna i firmatari a “segnalare in modo manifesto, ed eventualmente denunciare alle apposite autorità, la presenza di barriere fisiche, ideologiche, culturali ed amministrative che limitano l’accesso e la fruibilità di servizi e contesti”; a “trovare alleati (professionisti, agenzie, servizi, gruppi e cittadini) con i quali continuare ad agire in favore di un’inclusione sempre più diffusa e di qualità”; a “proporre e collaborare a progetti di ricerca multidisciplinari e interdisciplinari e sostenere la sperimentazione di pratiche innovative in grado di incrementare il benessere e l’inclusione”, ma anche a “curare la propria formazione e il proprio aggiornamento professionale in modo permanente, al fine di poter disporre di strumenti di lavoro sempre più sofisticati e di mantenere livelli elevati di motivazione professionale” e “sostenere, con coraggio e determinazione, le speranze e i desideri di quanti cercano di incrementare la propria autodeterminazione e il proprio desiderio di partecipazione attiva alla vita comunitaria”, agendo “a vantaggio delle persone e delle comunità tramite la riduzione di ogni ordine e tipo di barriere”. I firmatari si impegnano poi a “fare da ‘sentinella’ dell’inclusione”.
L’ultimo articolo del Manifesto è il numero 33, ma lascia “spazio ai futuri 34, 35, 36… Perché la riflessione sull’inclusione non finisce qui, ma è in continua evoluzione!”.
Fonte @ www.superabile.it